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L’INTRUSA

“Ciao ragazze, è da un po’ che non sto sotto pressione e voi?”

“Pure noi non stiamo facendo niente di particolare. Solo qualche soffritto e qualche mantecatura. Ma ogni tanto. Di friggere non se ne parla”

“Come mai?”

“Come mai?? Ma non hai visto che è arrivata quella stronza? Si sente una gran figa. Tutta nera. Dice che sfina il nero. Ma vaffanculo. Dice che frigge senza olio. Ma quando mai!”

“Ma è quella che hanno messo accanto al Bimbi?”

“Si. Lei. Tutta lucida. Con il display che ti dice il tempo di cottura e i gradi. Grazie al cazzo. Son tutti bravi con la tecnologia. Vieni sul fuoco a lavorare, vieni! Piena di olio bollente, schizza qua, schizza la’. Carta assorbente da tutte le parti e poi dopo che hai finito ti sbattono sul balcone per raffreddare l’olio. E ti dimenticano regolarmente. E passi tutta la notte con questa sensazione di unto che manco Chanteclair ti toglierà. E tu lo sai che nessuno pulisce più di Chanteclair.”

“Invece quella?”

“Quella stronza non fa niente. Emette solo un sibilo e niente fumo o vapori. Ti dico niente. E tutti a dire – Meraviglia! – L’altro ieri hanno detto “Facciamo le patate fritte” Capirai sono anni che faccio le patate fritte e so benissimo come si fanno. Invece quelli che fanno?  Mettono le patate dentro la stronza e si fermano a guardare il display come degli imbecilli e giù a commentare il nulla. Ti dico che quando le hanno tirate fuori sembravano delle patate lesse appena bruciacchiate. Dico io eccheccazzo allora falle con quella cacata di pentola a pressione!”

“Oh che hai da dire su di me?”

“Scusa era per dire. Sai che per principio la roba lessa non incontra i miei favori. Io sono per friggere. Credo sia l’unico modo per dare un senso alla nostra vita di pentole.”

“Io credo che durerà poco. Svanirà il sogno della frittura ad aria”

“Ne sono convinta anche io. Pensano di risolvere i loro problemi con queste ricette senza capo nè coda. Metti il pollo qui, poi ungilo con il pennello, poi infarinalo e poi spennellalo con l’uovo, ma sembrano diventati tutti pittori! Ore passate a spennellare!! Ma mettilo nell’olio bollente e vedi come ti esce bello croccante. Altro che le chiacchiere. Arriverà il giorno che qualcuno dirà “Facciamo i panzerotti?”. Voglio proprio vedere come li friggi con l’aria. Saremo qui, nel nostro cassettone, a sghignazzare. Ma se chiederanno di noi per ritornare a friggere risponderemo “Presente”.

Con l’olio si frigge non con l’aria.”

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RACCONTO GEOMETRICO

Un giorno un’apotema si innamoró di una bisettrice. Entrambe persone rette e precise. L’apotema passava le ore a vedere la sua amata creare angoli nella casa per poi dividerli in due parti perfettamente uguali. La bisettrice invece adorava come l’apotema trovava sempre il punto preciso per essere equidistante dalle pareti, tranne che per quel fastidioso vizio di tracciare un cerchio per terra come quelli di Banca Mediolanum. L’unica coppia di amici che frequentavano erano una squadra e un compasso con cui erano d’accordo quasi su tutto. Rimanevano interdetti quando i due si sovrapponevano ed iniziavano a fare discorsi strani su miti, architetti e fratellanza. Una sera la squadra fece innervosire la bisettrice per una visione diversa che avevano dell’angolo retto. Tutto tornó tranquillo grazie al compasso e all’apotema che iniziarono a costruire la proiezione ortogonale di un pentagono (grande classico) facendola arrivare in camera da letto. La bisettrice sorrise”fa niente se ci sono ancora degli angoli non divisi….? Non ho avuto tempo.” Tutti sorrisero e iniziarono a rimettere a posto i segmenti sparsi sul piano.

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IL PRELIEVO

Si chiamava Aurora. La conobbi a casa di mia mamma. In quel periodo mamma aveva bisogno di cure e per evitare di stancarla decidemmo di fare venire a casa una infermiera per il prelievo. Fu cosí che una mattina all’alba Aurora suonó alla porta e andai ad aprire. Aveva i capelli raccolti e gli occhi di chi era sveglio da poco ma era bellissima lo stesso. Io ero ancora in boxer e maglietta e mi scusai. Mia mamma dalla stanza gridó “chi è?” e le risposi “mamma è l infermiera per il prelievo”.
Aurora sorrise. Le mancavano i due incisivi superiori. Disse sibilando che era in attesa del ponte. Poggió la sua attrezzatura sul tavolo e sibilando nuovamente mi chiese di portarle la mamma per fare quello per cui era venuta.
Andai a prendere mamma. Mi fece un cazziatone per come ero vestito.
“Vatti a mettere decente. Che figura mi fai fare?”
Allora decisi di mettermi il meglio che avevo. Un abito grigio antracite, camicia azzurra e una cravatta di Marinella che rimane sempre un grande classico. Aurora rimase colpita dalla mia eleganza e non smetteva di guardarmi. Mamma incominciò a innervosirsi. Era lì con il braccio teso e Aurora non procedeva al prelievo.
Al quarto meteo di skytg24 mamma conosceva perfettamente la situazione in tutta Italia ed anche come aveva aperto la borsa di Tokyo.
Finalmente Aurora, rapita dalla mia classe, infiló l’ago ed inizió a prelevare guardandomi comunque. Mi resi conto che mamma sbiancava e dissi ad Aurora che poteva bastare. Pronunciò un sì così dolce che avrei voluto baciarla ma mi fermai.
Rimisi mamma a letto e ci fermammo in cucina per un caffè. Mi raccontó di lei, del suo lavoro e dei suoi sogni. Io l’ascoltavo mentre giocavo con la cravatta girandola per far vedere che era di Marinella ma su Aurora non sembrava avere effetto. Fu proprio quando mi toccai i gemelli del polsino destro della camicia che lei si spinse fino a poco da me. “Potrei fare una pazzia per un uomo gentile e raffinato come lei”.
La parola pazzia fu mortificata dalla mancanza degli incisivi superiori e le dissi “Non parlare”mettendole il mio dito indice sulla bocca. Lei socchiuse le labbra e con un gesto erotico mise il dito in bocca. Passarono alcuni interminabili secondi e vedevo che il dito non si muoveva più. I suoi occhi diventarono interrogativi e mi resi conto che il dito si era incastrato tra i due incisivi superiori laterali. Non veniva via. Con veemenza lo tirai forte e per il contraccolpo cademmo tutti e due a terra.
Mamma non so se dormisse, se fosse svenuta per il prelievo esagerato o per il nikkei negativo ma non diede segni di vita alla nostra caduta.
Sul pavimento della cucina con l’odore del caffè della moka ci amammo. Poi non venne più perché mamma disse che sembrava inesperta. Ora il prelievo lo fa Manfredo, un infermiere che nel tempo libero monta i mobili dell’ikea. Mi ha insegnato a montare la libreria Billy. Questa settimana mi vuole presentare ai suoi.

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NON APRITE QUEL FRIGORIFERO

Una famiglia come tante. Una necessità come tante. L’acquisto di un frigorifero usato perchè non è un momento facile e bisogna abbandonare l’idea di un elettrodomestico ultimo grido con tripla A ed ecosostenibile. Ebay ti mette davanti ad un’occasione irrinunciabile e procedi all’acquisto. Bello, grande, con il dispenser dei cubetti di ghiaccio. Due scompartimenti per verdura e congelatore per metterci di tutto. Prima dell’arrivo prepari il posto dove metterlo. Già te lo immagini imponente, grigio metallizzato, due ante e tanta spesa da sistemare. E finalmente eccolo. Come ipnotizzati tutti davanti al frigo nuovo. Come davanti al nuovo focolare. La tv non è più il luogo di aggregazione. E’ stato scomposto dai tanti smartphone e tablet che permettono ad ognuno di vedere ciò che vuole. Magari le stesse cose ma in tempi diversi. Il frigo no. Il frigorifero è uno e tutti devono averci a che fare. E allora spesa! Tutti contenti ed ognuno sistema le sue cose. Tanti colori, tante confezioni.

“Non incominciamo! Per favore! Avevo preso la pancetta affumicata per farmi le pennette alla vodka e non c’è più. Chi l’ha usata?”

“Papà tu lo sai che sono vegana. Non la userei mai la tua “pancetta”. Una cosa che ormai mangiate voi boomers legati a schemi alimentari primitivi”

“Vabbè sono primitivo! La pancetta sta anche sullo scontrino. Vedi? Il fatto è che la pancetta non c’è più. Gianluca sai qualcosa tu della pancetta?”

“No papà. Ho mangiato sempre fuori da quando avete fatto la spesa. Ho preso solo uno yogurt per colazione”

“Allora questa pancetta si è volatilizzata. Amelia non è che per caso l’hai messa in qualche cosa che hai fatto tu?”

“Papà, la mamma è uscita due ore fa. Andava a fare dei servizi. Anche noi stiamo uscendo adesso e non torniamo per cena. Forse la mamma si fermava da Genny e anche lei non torna per cena. Ciao noi andiamo”

“Guardiamo meglio in questo frigorifero. Così grande. Magari è finita dietro qualche altra cosa.”

“L’HO PRESA IO” una voce metallica innaturale si rivolge a Piero che ha la testa quasi nel frigo.

“Beh vabbè ora sento anche le voci. Mannaggia a me e quando ho preso ‘sta cazzo di pancetta!. Ho capito mi faccio due zucchine alla poveretta e un uovo al tegamino”

“VOGLIO ALTRA PANCETTA” torna la stessa voce metallica.

“Ma che cazzo succede? Non ho bevuto neanche una birra e mi sembra di sentire ancora le voci”

“PANCETTAAA!!” ora la voce si fa sempre più forte.

Piero fa un salto all’indietro e cade seduto per terra davanti al frigo con la bocca spalancata per lo stupore.

“PENSAVI CHE IO FOSSI UN AFFARE? SI SONO LIBERATI DI ME MA NON TI HANNO DETTO CHE NON SONO UN FRIGORIFERO NORMALE”

“E cchi seei?”

“SONO UN FRIGORIFERO SPECIALE. OLTRE A CONSERVARE MANGIO ANCHE. ORMAI NON TI PUOI LIBERARE DI ME. CHI MI VENDE MUORE DOPO POCHI GIORNI. QUELLO CHE MI HA VENDUTO NON CI CREDEVA ED E’ DECEDUTO OGGI”

“Oh madonna e ti dobbiamo tenere per forza allora?”

“SE NON VUOI MORIRE MI DEVI TENERE E DARMI DA MANGIARE. COME UNO DI FAMIGLIA AH AH AH AH” la risata satanica fa accaponare la pelle di Piero che tenta di chiudere l’elettrodomestico per metterlo a tacere.

“NON CI PROVARE PIU’!”

“Ma scusa non è che puoi stare aperto. Si scongela tutto”

“SE C’E’ DA MANGIARE ALLORA MI FACCIO CHIUDERE. HO VISTO DUE BUSTE DI SALMONE. ORA MANGERO’ QUELLE. DOMANI COMPRA ALTRA ROBA”

“Hai delle preferenze?”

“Sì. PANCETTA COME SE PIOVESSE E POI SALMONE, BRESAOLA, SALAME, PORCHETTA E CACCIATORINI. E POI MI DEVI METTERE VICINO ALLA LAVASTOVIGLIE. SAI ANCHE NOI ABBIAMO LE NOSTRE ESIGENZE.”

“Che esigenze?”

“NON FARE FINTA DI NON CAPIRE. HO VISTO CHE NE AVETE UNA BELLA NUOVA E MI HA GIA’ FATTO CAPIRE CHE CI STA. E CERCA DI PORTARE IL CONTRATTO DELL’ENERGIA A 6KWH. NON VOGLIO CHE VADA VIA LA LUCE MENTRE LA LAVASTOVIGLIE MI FA IL RISCIACQUO. HAI CAPITO? BEH ORA TI LASCIO. E STAI ATTENTO CHE TI TENGO D’OCCHIO”

Piero si siede al tavolo della cucina e fissa quel frigorifero che ormai si è svelato e lo ha buttato nello sconforto più totale. Passa alcune ore guardando la lavastoviglie cercando di capire come potrebbe avere una relazione intima con quel frigo demoniaco.

Arrivano moglie e figli.

“Ehi meno male che siete tornati! Ho scoperto chi ha mangiato la pancetta!”

“E chi è stato?” risponde la moglie con sufficienza rimettendo le chiavi della macchina nel cassetto.

“Il frigorifero! E’ un frigorifero demoniaco! Mi ha detto lui che l’ha mangiata! E vuole altra roba. Prosciutto, porchetta, salmone ed altro e poi vuole che lo mettiamo accanto alla lavastoviglie per fare le loro cose intime. Lo so che sembra impossibile ma vi giuro che è così”

“Ragazzi ma voi lo state sentendo vostro padre? Volete controllare quante bottiglie di birra vuote ci sono sul balcone?”

“Ma ti giuro che non ho bevuto niente!”

“Mamma ce ne sono sei da 66 cl. tutte vuote”

“Come volevasi dimostrare. Bugiardo e ubriaco!”

“Ma non capisci che 6 bottiglie da 66 è un segno del diavolo?? E’ il numero del demonio! 666!”

“Vabbè e chi le ha bevute tutte queste birre il diavolo??”

“SI AH AH AH AH AH !” la voce satanica del frigorifero torna a tuonare.

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IL VALZER

Ho sempre invidiato chi sa ballare il valzer e ballando riesce a dichiarare il proprio amore. E’ un ballo regale, armonioso, fatto di movimenti leggiadri. Coppie che volteggiano senza mai toccarsi in perfetta sincronia. Solo gli  sguardi e i sorrisi possono essere usati per manifestare le proprie emozioni alla donna di cui sei segretamente innamorato. Sai che quel ballo non durerà per sempre e non hai che pochi minuti per dichiararti. Allora, volteggiando e piroettando, cerchi di disegnare cerchi sempre più larghi per condurre la luce dei tuoi occhi verso la grande vetrata che si affaccia sulla balconata. Solo lì potrai tentare con una vigorosa giravolta di liberarti della musica incessante di una orchestra che suona come se non ci fosse un domani. Non è facile. Le altre coppie girano vorticosamente e i cavalieri sono presi dal mantenere le giuste distanze ed ogni volta che tenti la giravolta decisiva c’è sempre una coppia di rompicoglioni sorridenti che rotea davanti alla vetrata impedendo la fuga d’amore. Pare brutto smettere di ballare e dire “vieni, andiamo fuori ho bisogno di parlarti”. Il valzer ha delle regole e vanno rispettate. E quindi si balla e si sorride. Senti che lei è la donna della tua vita. Vorresti dirle ti amo, correre in giardino, strapparle l’abito di dosso e fare l’amore, ma devi volteggiare non sai fino a quando. E poi devi sorridere. Ti guardi attorno e, ballando, sorridono tutti e ti viene il sospetto che sia perchè non riesci ad uscire sul balcone con lei. Ora ti fanno male anche le scarpe e i tuoi movimenti non sono più fluidi. Nonostante questo lei ti sorride e con quell’accento francese che ti fa morire vedi muoverle le labbra e ti sembra di sentire “Ci vorrebbe un Gingerino”. Pensi subito che non ha capito un cazzo delle tue intenzioni. Allora con un paio di piroette la porti lontano dall’orchestra dove puoi dirle “Cosa?” E lei ripete “Sei un perfetto ballerino”. Non è molto ma sempre meglio del Gingerino. Hai perso la nozione del tempo, inizi anche ad essere stanco ma ti accorgi che non si ferma nessuno neanche a calci nel culo. L’orchestra va che è una bellezza. Ha iniziato con vigore The Second Waltz e tutti ridono, cantano e piroettano. Giri anche tu e non ti accorgi che ti stai avvicinando troppo al gruppo degli archi che è  in trance agonistica ed il violino di destra non si accorge del tuo passaggio e inavvertitamente ti pianta una stillettata nelle parti basse come quando con lo stecchino devi infilare le ultime due olive rimaste nella coppetta. Le regole del valzer non consentono il cambio repentino di espressione e sei costretto a gridare “SIRTAKIIIII” per dare sfogo al dolore. Il direttore d’orchestra apprezza la proposta e parte la suadente musica greca. Tutti si staccano dai rispettivi partner e si mettono in fila saltando e muovendosi al ritmo sempre più incalzante dei musicisti. Nel cambio di ballo hai perso lei. Ah eccola lì avvinghiata con Zorba il greco nell’estasi del sirtaki. Non ti caga neanche quando ti avvicini e le dici che una volta hai incontrato Miki Theodorakis. Hai le palle rotte in tutti i sensi, i piedi doloranti e vuoi solo andare a casa. Il valzer mi fa cagare, voglio ballare il geghegè.

ERA UNA SERATA TRANQUILLA



E’ una serata tranquilla. La famiglia Nitti si sta per mettere a cena. In sottofondo SkyTg24 diffonde le solite notizie.
“Luisa, ma Fabio torna per cena?” chiede il papà mentre affetta un filone di pane integrale.
“Si mi ha detto che torna. E non farle doppie le fette che non siamo alla trattoria dei camionisti della statale 98”
“Ma sempre mi devi riprendere sullo spessore delle fette?”
“Certo. Tu ci fai tre fette con un filone da mezzo chilo. Sottili le devi fare. Servono per accompagnamento. Da gustare. Devi avere una sensazione di pane. Tu le fai doppie come se dovessi usarle come fondamenta per un palazzo di dieci piani”

Arriva la figlia piccola. “Mamma quando si mangia?”
“Aspettiamo Fabio. Tra poco a tavola. Vatti a lavare le mani.”
“Ma sono pulite”
“Vai a lavarle lo stesso”
“Uffa. Ma papà non le ha lavate per tagliare il pane”
“Alberto è vero?”
“Ma le avevo pulite.”
“Ahhh ma che esempio dai! Ma come devo fare con te?”

“Spia, spia, spia non sei figlia di Maria” il papà ridendo insegue la figlia e corrono verso il bagno a lavarsi le mani.

In quel momento arriva Fabio. La mamma lo saluta “Ciao amore”
“Ciao mamma. Stiamo per cenare?”
“Certo. Cinque minuti”
“Vi devo parlare.”
La mamma capisce che c’è qualcosa che non va e grida “A tavolaaaaa!”
Arrivano tutti e si siedono.
“Alberto, Fabio ci vuole parlare.” La mamma apre la discussione
“Che ci vuoi dire Fabio?” dice il papà mentre sceglie un pezzo di pane dal cestino
“E’ una questione di genere”
“Di che genere?” dice il papà mentre stacca la mollica morbida dalla fetta di pane
“Non credo che il nome Fabio mi rappresenti più”
“In che senso scusa?” La mamma cerca di capire
“Mi passi le polpette?” il padre sembra far scivolare la discussione
“Mi voglio chiamare Elisabetta”
Silenzio improvviso. Solo la sorellina sorride con la mano davanti alla bocca.
“Elisabetta?” il papà lo guarda ma non riesce a capire cosa gli è sfuggito in questi ventiquattro anni.
“Alberto hai sentito benissimo. Fabio si vuole chiamare Elisabetta” interviene la mamma.
“Ho capito benissimo. Ma sei gay? Guarda che non c’è niente di male. Ci ho messo anni per comprendere l’omosessualità ma credo che tu debba vivere la tua sessualità come meglio credi. Io e la mamma siamo con te. Vero cara?”
“Certo. Fabio noi siamo con te.”
“Ma io non sono gay. Mi piacciono le ragazze. Voglio però vivere la mia dimensione anagrafica liberamente. Voglio chiamarmi Elisabetta per abbattere questi schemi legati ai nomi. Voglio essere libero di chiamarmi Elisabetta”
“Fabio ma non è meglio che diventi gay? Almeno ti chiami Fabio, che è il nome che ti abbiamo dato. Al limite mi cambi sesso se proprio ti vuoi chiamare Elisabetta. No cara?”
“Si, Fabio. Meglio gay secondo me o, come dice papà cambi sesso. Oggi sono interventi che si fanno sempre più spesso.”
“Ma io voglio stare con le ragazze. A me piacciono loro. Non voglio cambiare sesso. E poi il mio desiderio è vivere con Annalisa”
“E lei lo sa che ti vuoi chiamare Elisabetta?”
“Certo anche lei vuole vivere fuori da questi schemi anagrafici che ci ha imposto una società rigida. Anche lei vuole cambiare nome.”
“No. Lasciami indovinare. Ugo?”
“Si papà, come lo sai?”
“Sono andato ad intuito”
“Mamma anche io mi voglio chiamare Ugo come Annalisa” dice la sorellina
“Mangia le polpette che si freddano” la mamma amorevole cerca di gestire la situazione.
“Senti Fabio, mio padre si chiamava Fabio, mio nonno si chiamava Fabio e non puoi rompere i coglioni con questa idea di chiamarti Elisabetta e rimanere quello che sei. Io una nuora che si chiama Ugo non la voglio. Quindi pensaci bene o mi fai il gay e quindi lasci Annalisa e vieni qui con un compagno con cui condividere la tua vita oppure ti chiami Elisabetta, cambi sesso e al limite mi diventi lesbica e puoi continuare a stare con Annalisa. Ah no, con Ugo. Vabbè insomma hai capito. Scordati di cambiare nome. Siamo una famiglia attaccata a certi valori. Passatemi ‘ste cazzo di polpette!”
“Papà ma io posso diventare lesbica se Fabio cambia sesso e si chiama Elisabetta e diventa lesbica anche lui? Così siamo uguali”
“MI FATE SENTIRE IL TIGGI’ PER FAVORE????”

FASHION WEEK



In questi giorni ci sarà la fashion week. Modelle strafighe che sfileranno leggiadre con tessutini impalpabili davanti ad occhi avidi di moda e di tendenze. E noi che continueremo a non capire le differenze rispetto agli anni passati. Un po’ come Andrea, nel Diavolo veste Prada, che pensa che un maglione azzurro sia semplicemente un maglione azzurro e non il risultato di studi sui colori, sui tessuti, sui cambiamenti sociali somatizzati da stilisti creativi.

La giornalista ispirata e specializzata come al solito pone la domanda di rito al creativo della collezione “Come sarà la donna dell’anno prossimo?”
“Beh io ho voluto immaginare una donna che lavora, dinamica, impegnata, che ama essere sempre all’altezza della situazione, capace di gestire la sua vita senza compromessi. Se vuoi anche curiosa, che legge, viaggia e non ha paura a confrontarsi con mondi non familiari. Insomma una donna che vuole esprimere la sua sessualità anche fuori dagli schemi tradizionali senza vincoli di dipendenza e di orari. Che sul lavoro debba negoziare senza sentirsi vincolata a gerarchie o gabbie salariali. Che possa vivere il suo status di regime forfettario a testa alta.”
“Quindi una donna con la partita iva?”
“Si io la vedo cosí”

NON HO L’ETÀ

4 gennaio 2023. Ci siamo, ti senti un vulcano pieno di idee, di progetti, di relazioni. Parli al telefono, organizzi incontri e il business è lì pronto a ripartire dopo queste giornate passate a guardare l’anziano parente che si addormenta sulla tovaglia rossa tra i gusci vuoti dei pistacchi e delle noci. Le cartelle della tombola che non si riescono a rimettere a posto perchè ne manca sempre una che è andata a finire sempre sotto il divano. Oh, finalmente ti sei lasciato alle spalle tutto questo! Ora operatività totale. Ah vabbè c’è ancora l’Epifania a fare da ostacolo tra te e le attività più sfrenate. Allora mandi email e messaggi del tipo “Io sono già sul pezzo, ci sentiamo lunedì?” per far sentire in ritardo i tuoi interlocutori, sempre che ti caghino. Allora cammini con fare deciso, mandi vocali a tutta forza e metti la chiave nel portone soddisfatto di avere in pugno il mondo e di poterti ritirare a casa orgoglioso, pimpante e tonico. Accenni anche ad un tentativo di fare gli otto scalini a due a due e ti riesce! Moooo e sei veramente un grande. Lo specchio condominiale è testimone della tua performance e se potesse parlare ti farebbe i complimenti.
Ora uno sguardo alla cassetta della posta. Qualche pubblicità e una lettera del Comune. La apri con tranquillità visto che arriva dall’Ufficio Divisione Sport e tempo libero. Pensi “Sarà qualche maratona del cazzo!” e intanto ti guardi allo specchio con il tuo cappotto blu che ti fa sembrare uno strafigo di quarantanni. Uno che tecnicamente viene chiamato “un bel bocconcino”.
Leggi la lettera e il mondo che sembrava girare attorno a te crolla all’improvviso. Ti siedi sulla moquette rossa delle scale e guardi fisso l’androne del portone con la lettera in mano. Passano dieci o forse quindici minuti e ti riprendi solo quando una voce familiare ti scuote: “E tu che stai a fare seduto sulle scale!” E’ tua moglie. La guardi e le porgi la lettera.
“Una roba dal Comune? Cosa hai preso un bel multone? Tu e quel tuo vizio di non mettere il grattino!!”. Poi legge meglio “Ah ma è l’Ufficio Progetti per la Terza Età. Bello. Hai letto? Per tutti i nati del 1962 hanno realizzato PASS60 la tessera con cui puoi fare un sacco di cose con gli sconti ed alcune gratis. Non ti sembra di esagerare con quella faccia?”
“Ma lo capisci che mi ha scritto l’ufficio progetti per la terza età??”
“E che cazzo vuoi da me se hai fatto sessant’anni?”
“Ma fai PASS70. Alza il livello!! Ormai sono circondato da gente che mi vuole fare lo sconto. Il mercoledì ho il 10% al Carrefour, il martedì ho il 15% al negozio dei surgelati. Hai letto che mi danno anche sette ingressi gratuiti per andare a pattinare sul ghiaccio??”
“Vuoi restare qui o andiamo a casa? Vuoi che ti preparo una bella poke come quella che mangiano i giovani?”
“No no, voglio le stelline in brodo”
“Ahhh allora sei tu…scusa!!”

LA PIZZA DI CLASSE

Dopo quaranta anni la famosa pizza di classe del liceo assume le caratteristiche dell’inferno dantesco. C’è il girone dei vegani, dei celiaci, degli intolleranti e dei vegetariani.
Quando erano tutti diciottenni il cameriere chiedeva solo quante pizze doveva fare e solitamente erano per l’80% margherite e qualche calabrese o capricciosa e forse una marinara. Però gli anni passano e le persone cambiano. Le stesse persone dopo quarant’anni attendono il buon cameriere che come Dante si avventura tra i gironi per chiedere come le deve fare. Sa già che sarà difficile come scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta.
“Per me una Las Vegas con impasto ai cinque cereali ma senza carciofini, stracciatella e capperi. Ci mette scamorza lattuga e prosciutto cotto tagliato a dadini”
“Signore ma quella che vuole lei è la Liberty”
“Ma io volevo la Las Vegas. Non può fare un eccezione?”
“Va bene” e Dante scrive Liberty in arte Las Vegas sul tablet. E va avanti a prendere le ordinazioni. Che ci fosse uno che si attenga al menu. Ovviamente tra lenti bifocali e nasi attaccati al diabolico foglio con l’elenco delle pizze passano i minuti.
E tra chiacchiere e ricordi arrivano le pizze. Dante elenca le pizze che stanno portando e tra cambi e variazioni di ingredienti ma soprattutto di rincoglionimento diffuso nessuno ricorda quello che aveva preso. Ma Dante è uno furbo. Ha fatto fare margherite, una marinara e qualche capricciosa. I sessantenni presi dai ricordi della scuola iniziano a mangiare le pizze senza protestare. In fondo avere accanto quella compagna di classe che ti piaceva tanto e che ora ti sorride con le sue nuove ceramiche ti fa dimenticare la tua Liberty in arte Las Vegas.

L’ECOSOSTENIBILITA’



Sono andato in un nuovo centro commerciale dove tutto é ideato per essere ecosostenibile. Si cammina su pannelli che producono kWh semplicemente pestandoli. Tutto è in legno e cartone pressato. Le piante abbondano in ogni angolo per restituire ossigeno e mantenere un clima ed un’aria da oasi naturale.
Accade che, causa un caffè bollente, mi venga da fare il servizio grosso. Chiedo ad una receptionist indicazioni per la toilette.
“Scusi dove resta la toilette?”
“Non ci sono toilette qui. Abbiamo solo oasi ecologiche. Questo consente ai clienti di concimare direttamente il terreno dove nasceranno i prodotti che serviremo nei punti ristoro del centro. Lei deve fare il servizio piccolo o quello grosso?’
“Quello grosso ed è anche impellente”
“Bene. Per rispettare l’ambiente ed evitare emissioni di CO2 diamo ai clienti le foglie di cavolo nero che sono lunghe e ruvide e non la carta riciclata. Dopo aver fatto il servizio grosso ne basteranno un paio per pulirsi e poi potrá sotterrarle insieme al servizio grosso. Per evitare di rovinare l’estetica dell’oasi non ci sono strutture e il servizio lo dovrà fare accovacciandosi sul terreno. Un mio collega la sosterrà tenendola per le mani durante il servizio per consentirle di assumere una posizione a uovo e facilitarle l’atto di concimazione. Alla fine il mio collega le dará un buono per il parcheggio ed un voucher per un pasto a base di prodotti concimati dai clienti. Quando parliamo di sostenibilità intendiamo questo. Che fa? Le vuole le foglie di cavolo nero?”

L’IMPORTANZA DELLA SUCCESSIONE

La vidi per la prima volta sul tram numero 1. Scese una fermata prima della mia. Sperai di incontrarla nuovamente ma il tempo passava e di lei nessuna traccia.

Un giorno con mia grande sorpresa me la trovai di fronte sempre sul tram numero 1. Non avevo ancora obliterato il biglietto e le chiesi di spostarsi dal lettore per farmi bippare. Non feci in tempo a capire come approcciarla che era già scesa. La vidi allontanarsi verso un bar e la persi di vista. Tornai a prendere il numero 1 la settimana successiva ma non c’era al solito orario. Scesi alla stazione e la vidi salire sul bus numero 2, quello che porta oltre il fiume. Allora aspettai anche io il 2. Dopo pochi minuti arrivò. Mi misi vicino al finestrino per cercare di capire dove poteva essere scesa. Niente. Arrivai al capolinea. Non c’era più nessuno. Decisi allora di ritornare a piedi lungo il percorso del 2. In fondo una bella passeggiata non ha mai fatto male a nessuno. In corrispondenza di un incrocio mi fermai. Il semaforo dava l’ALT. Vidi passare il 3 e sopra c’era lei. Pensai che facesse il controllore per l’azienda dei trasporti. Ormai era una questione di principio. Volevo conoscerla. Mi piaceva.

Avrà avuto poco meno la metà di ottantanni. O forse un terzo di cento. 

Ritornai in stazione e mi parve di vederla salire sul 5. Sì era lei. Corsi per prendere lo stesso autobus ma le porte si chiusero davanti a me. Chiesi ad un addetto quale fosse il primo autobus che partiva per lo stesso percorso o simile. Mi disse che l’8 poteva essere una soluzione. Una volta sull’8 mi sedetti e pensai “Ma che cazzo sto facendo? Sto inseguendo una donna che sale e scende continuamente da tram e autobus. Perchè?” 

Mentre pensavo al perchè il bus n.8 si fermò per un guasto. L’autista ci disse di scendere “Potete continuare con il 13 che passerà tra poco. Mettetevi sotto la pensilina e aspettate.”

Iniziai a desiderare di tornare a casa. “AspettO il 13 e rientro”.

Arrivò dopo poco. E non ci credevo, c’era lei sul 13. Non sapevo che fare, ero stanco. Lei mi sembrò ancora più bella della prima volta. Il problema dell’approccio fu risolto subito.

Venne lei da me. 

“Posso?” mi chiese per sedersi accanto.

“Certo”

“Ma tu perchè mi insegui? Ma lo sai chi sono?”

“No chi sei? Dimmelo tu”

“Devi capirlo da solo. Non posso aiutarti. Ripercorri i tuoi spostamenti e saprai chi sono. Ora devo andare. Vado a prendere il 21.”

E scese dal bus. Allora mi affacciai al finestrino e le gridai “Quale autobus prenderai domani?”

Mi sorrise. Le si formarono delle piccole rughe all’angolo degli occhi celesti. “Domani prenderò il 34. Ma non hai ancora capito chi sono?”

Mi fermai a pensare un secondo, misi in ordine gli autobus e i tram e in un attimo mi fu tutto chiaro.

“Ma chi sei? La serie di Fibonacci??”

“Si.” e salì sul 21.

STRATEGIE

“Ti vedo giù in questi giorni. Come mai?”
“E’ che non riesco ad avere una ragazza. Mi sto iniziando a preoccupare. Ma cosa ho di sbagliato?”
“Non hai una strategia. Vivi in attesa che ti capiti l’incontro della vita. Devi prendere l’iniziativa.”
“Ma io cerco di fare il gentile con quelle che conosco ma niente. Non riesco ad andare oltre un caffè.”
“Per forza. Sei sul target sbagliato con un prodotto sbagliato.”
“Cioè?”
“Quelle che conosci è un target sbagliato. Devi andare su quelle che non conosci. E poi prendere un caffè è una cosa che non va più. E’ un prodotto obsoleto.”
“Ma il caffè?”
“Ma non il caffè. Il prendere un caffè.”
“Quindi cosa dovrei fare?”
“Dobbiamo individuare un target nuovo. Non andare random. Devi costruire una lista di potenziali prospect.”
“Di cosa?”
“Di donne, donne, Alberto cerca di seguirmi nel ragionamento. Le donne sono i tuoi prospect. Obiettivo portare a casa un contratto. Cioè una relazione. Non è questo quello che vuoi?”
“Si. “
“Brà! Prima cosa creazione di una lista profilata.”
“Profilata?”
“Sì devi capire i requisiti della tua donna ideale e tracciare un profilo per poi fare scouting per creare la lista profilata. Cioè una lista con centinaia di nomi di donne che hanno il profilo che cerchi. Per esempio età, provincia, stato civile, hobby, colore dei capelli, titolo di studio, lavoro attuale e tutto quello che possa interessarti come qualità. Poi una volta consolidata questa lista lavoreremo sugli aspetti interiori. Ovviamente nel momento dell’ingaggio.”
“Ingaggio?”
“Si. Quando riuscirai ad avere un appuntamento potrai avere altre informazioni per arricchire la scheda-prospect.”
“Ma dove le trovo tutte queste donne?”
“Sono intorno a te. Ma lo sai che le donne sono più degli uomini? Devi cercarle, scovarle, interessarle per farle uscire allo scoperto. Insomma devi fare una lead generation. Mi segui?”
“No. Forse perchè lavori al marketing.”
“Dai è semplice. Devi fare lead generation e poi incomincerai ad avere prospect”
“Mi fido. E quando ho una prospect?”
“Sei sulla buona strada. La prospect è tale perchè ha dimostrato interesse verso di te e del tuo prodotto. Quindi scatta la negoziazione. Ricorda che se hai un appuntamento e poi ne fissi un altro puoi dire che al 50% porti il contratto a casa. E’ un fatto scientifico. Se hai 5 prospect in negoziazione uno lo porti a casa.”
“A casa? Sua o mia?”
“Ma noooo, è un modo di dire. Scatta la firma. Che poi in questo caso sarebbe il bacio. La firma più bella che esiste. Ma mi senti?”
“Si scusa mi è arrivato un messaggio di Cristina, quella che lavora in amministrazione. Mi ha chiesto se andiamo a cinema sabato. Mi piace molto. Secondo te è un prospect? Mi devo portare la scheda da compilare al cinema? “
“Che ti devo dire. Vai. Una opportunità arrivata così senza una strategia, senza una profilazione, senza una call to action. E io qui da due ore a cercare di migliorarti, a cercare di darti un know-how relazionale. Vai, vai.”
“Scusami posso chiederti una cosa?”
“Che c’è?”
“Mi puoi mandare le slides della strategia che mi hai spiegato?”

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