TONINO E MATTEO

Un pomeriggio di sole si abbatte con violenza su mille ulivi ordinati in fila come soldati in attesa della rassegna di un generale.  Sono immobili. Solo le foglie della parte alta delle chiome sono mosse da un vento gentile ed educato. Il mare non è lontano, forse uno o due chilometri.

Un contadino bello. Abbronzato sulle braccia e sulla faccia. Non ha gli occhiali da sole e forse non li ha mai utilizzati. Non saprei definire la sua età. Quando si lavora in campagna si entra in una condizione fisica dove potresti avere quaranta o settanta anni senza vederne la differenza.

Tonino è seduto sulla radice di un ulivo a forma di sedia. Gli ulivi assumono le forme più strane a volte. Accanto ha  un sacchetto di fave fresche appena “fatte”, un pezzo di pane, una bottiglia di olio e una caciotta fresca morbida e poco salata. Nella borsa che porta sempre con sé ha anche una bottiglia di vino che sembra inchiostro di china per quanto è scura.

Non si ha difficoltà a capire che Tonino sta in grazia di Dio. Rompe la fave con la sua tecnica ormai consolidata. La fava esce dalla sua buccia e vola nella bocca di Tonino e non sbaglia mai un colpo. Ogni tre fave mette un pezzetto di caciotta tagliato con un coltello che ha almeno vent’anni. E’ uno di quei coltelli con il manico rosso che abbiamo tutti in cucina ma che non mettiamo a tavola perché è sempre spaiato rispetto agli altri. Si era rotto il manico tempo fa e Tonino, invece di buttarlo, lo ha riparato con un pezzo di legno, corda e scotch. Lui non butta, ripara.

Il silenzio è totale. C’è solo il rumore soft delle fave che volano tra i denti di Tonino.

Ora in lontananza si sente arrivare un’auto bella potente. Non faccio fatica a immaginarla prendere le curve della strada di campagna come una monoposto in un gran premio di Formula 1.

Tonino tra una fava e l’altra “Mà addò cazz corre, ma statt’accase”.

L’auto arriva e si ferma accanto al muretto a secco poco distante dal mangiatore di fave e caciotta.

Esce un uomo sui trentacinque anni che sbraita al telefono. Parla di un progetto, che se non ha delle risorse non può portarlo avanti e che senza progetto anche lui è fuori. Chiude la telefonata e lancia il telefono sul muretto facendolo andare in mille pezzi.

Tonino “Oh, cà cudd murett’ ù so fatt vind’anne faè. Mò vine tù, cazz cazz, dàddò cazz vine e muadà romb”. Le pietre non si erano mosse. Figurati che poteva fare uno smartphone di plastica e lega leggera contro le pietre tagliate ad arte da maestri esperti di muretti a secco.

Il disperato dal nome Matteo non si era reso conto della presenza di Tonino “Scusi, scusi è che è una giornata veramente brutta”

Tonino “U’ so capiit, ù so capiit. Viine ddò cà t’dog nù stezz’ d’paen”

Il contadino lo invita a sedersi accanto a lui per mangiare un po’ di pane con olio extra vergine di oliva, due fave e un po’ di caciotta morbida.

Iniziano così a parlare. Matteo passa dalla tensione iniziale ad uno stato di rilassamento impensabile fino a qualche ora prima. Parla dei suoi problemi e Tonino, nella sua semplicità, gli risponde con i ritmi delle stagioni e di come gestisce la sua terra.

Matteo “Tonino ma come ti diverti tu? Cosa ti fa stare allegro?”

Tonino “Matteo, devo essere sincero, mi diverto ad andare a venti all’ora sulla statale con il trattore e godo nel tenere dietro le auto che scalpitano, che vogliono superarmi, che mi suonano, che mi fanno “i fari”, ecco questo mi fa ridere. Tanto poi mi sorpassano e mi dicono anche “le parole”. Ma dopo che li ho fatti soffrire sono soddisfatto assai.

Il tempo vola e il sole inizia a tramontare. I due, ormai grandi amici, si congedano con un abbraccio sentito.

Tonino “Mattè, statt tranguill cà tutt s’aggiust. C’tiin probblem, viin dò cà p’ttè staè semb nù stezz d’paen”

Matteo si allontana verso l’auto. Si ferma e prima di voltarsi vuole fare un’ultima domanda a Tonino  “Ma come mai prima ti ho sentito parlare in italiano? Lo hai fatto solo una volta.”

Tonino non c’è già più. Strano. Sono passati pochi secondi. Dovrebbe vederlo almeno a dieci metri, venti metri. Guarda in basso e vede a terra delle fave intere.  Le prende, sorride e se le mette in tasca. Chissà Tonino dove sarà ora e a chi starà dando nù stezz d’paen cò nù picch d’caciott.

Pubblicato da markmccandy

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