LA MASCHERINA
Mi ricordo, eravamo a marzo del duemilaventi. C’era il corona virus che in quei giorni aveva cambiato le nostre abitudini…. Si usciva poco e solo per andare a comprare qualcosa da mangiare. Fu proprio in un Conad che la vidi la prima volta. Fui catturato dal suo sguardo, da quei suoi occhi scuri. Il resto del volto era coperto dalla mascherina, i capelli raccolti nel cappellino e la sciarpa attorno al collo. I lacci bianchi della mascherina facevano da cornice alle orecchie ornate da cerchi dorati che mettevano in risalto i lobi. Rimasi lì a tre metri di distanza a fissarle i lobi. Una signora mi disse “Giovane, molto devi stare a guardare lo scaffale? Facciamo camminare la fila?” “Si si mi scusi stavo guardando le offerte della passata Mutti”. Questo attimo mi fece perdere di vista la ragazza. Girai con il cestello verso il reparto carni e la rividi con un pacco di farina in mano che osservava la scadenza. Feci finta di guardare il telefono mentre la seguivo con un occhio. Decisi di passare all’approccio deciso, mi fermai a distanza e le feci un cenno “Sei da poco in questo quartiere? Non ti ho mai vista. Ti va se facciamo due passi insieme dopo la spesa?”
Si abbassò la mascherina e disse “Sono tua sorella cretino, ma che non mi riconosci?”
Sopraffatto dalla delusione staccai con forza il numero del banco salumeria e presi duecento grammi di gran biscotto Rovagnati chiedendo di non togliere il grasso.