I TEMI DI LARA

Le giornate si stanno allungando ed è difficile guidare con il sole negli occhi alle sei del pomeriggio. Michele guarda l’orologio. Ha detto alla moglie che sarebbe rientrato per cena. Poco meno di due ore per stare con Lara che non è sua moglie ed è seduta in auto accanto a lui. Sprofondata nel sedile con una giacca blu, la camicia bianca e quel filo di perle con cui gioca facendolo scorrere tra le dita con gli anelli. Ha la fede tra i due anelli con pietre di colore diverso. Il sole sembra divertirsi a proiettare i riflessi delle perle e degli anelli sul tetto grigio della macchina.

Si sono conosciuti in rete. Una di quelle chat dove ci sono le room e si parla senza conoscere la propria identità. Sì, avveniva proprio così prima che arrivasse Facebook. Si sono scritti per settimane aprendosi completamente l’uno all’altro. Si sono confidati come solo due perfetti sconosciuti possono fare.
Poi hanno iniziato a parlare al telefono per ore come due adolescenti. Le voci basse in ufficio o in sala professori, sul balcone per non farsi sentire dagli altri oppure nel corridoio per il cambio di orario e di classe. Mai da casa. Fino alla decisione di vedersi di persona. Una evoluzione naturale. I sensi della vista, del tatto, dell’olfatto e del gusto non puoi tenerli fuori. Non si vive di solo udito.

“Allora te la senti di prendere un tea for two?”…l’emozione forte di incontrare qualcuno di cui sai tutto ma non sai che faccia ha. “E se fosse un cesso? e se ha i capelli unti? e se gli sudano le mani? e se poi scopro che è una trappola di mio marito? Nooo, non può essere. Oh, poi mi sta battendo forte il cuore. Al cuor non si comanda. Mi sembra di essere tornata indietro di trent’anni.”

Lara guarda fuori, vede la strada scorrere e sorride pensando a quel primo incontro. Ricorda tutto perfettamente…qualche banalità sul traffico, sul bar e sulla giornata a scuola e al lavoro. Belli tutti e due. Nessuna mano sudata. Le ovvietà che lasciano il campo alla voglia di guardarsi, di dare forma a quelle parole e a quella voce che ormai conosceva bene. Guarda Michele e le viene in mente di continuo il bacio sulla guancia che gli diede.
Il primo di tanti. Una piacevole sorpresa. Aveva un suo odore. Niente profumi, dopobarba o altre essenze. Poi quei quattro passi fuori dal bar in un paese fuori città per evitare di incontrare persone conosciute. Le mani che si cercavano con la sincronia delle loro pulsazioni.
Se gli avessero misurato la pressione avrebbero trovato la stessa minima e la stessa massima.
Girare l’angolo, fermarsi appoggiandosi spalle al muro come se fossero inseguiti da qualcuno….. un emozione unica. E lì, scossi dal brivido dell’extra moenia, resero appagati gli ultimi sensi rimasti esclusi dal more uxorio.
Lo tsunami era arrivato. Inarrestabile come i milanesi che escono dal metrò.

Oggi Michele ha un appuntamento a Matera, nel cuore dei sassi. Una cosa di lavoro. Lara gli ha chiesto “Vuoi che vengo con te? Devo correggere dei compiti e posso mettermi ad un tavolino di un bar. Così quando finisci stiamo insieme.”
Lara è una professoressa di italiano con un marito distratto.
Michele è un fiscalista con una moglie ammortizzata.

Michele guida con la mano nella mano di Lara e la Vanoni, come se vedesse le loro mani, fa vibrare l’impianto stereo sussurrando:

🎵Perché sei tu il mio uomo perché continueremo
a divorarci a baci a morsi e poi rimorsi e poi
a non lasciare niente per nessuno
per chi dopo di te dopo di me verrà 🎵

Michele si sente tanto il poeta, il chitarrista che ti invita sulla luna, urli e non ti porti dietro niente , guarda Lara negli occhi, sorride e porta la mano alla bocca per baciarla.

“Abbiamo quasi due ore. Ci fermiamo all’Hotel Cala Titout? Mi ha detto un amico che ci sono delle stanze esterne e devo passare solo io dalla reception per prenderne una senza dare anche il tuo documento. Se non te la senti tiriamo dritto”

“Dai ok. Così posso finire di correggere i compiti…” Lara sorride “Sto scherzando… 🎵ad un bambino cosa puoi negare, cosa puoi negare a quel sorriso che ti spezza il cuore🎵”.

Michele parcheggia sul brecciolino vicino ad una siepe alta. “Torno subito. Resta qui”
Entra nella hall guardando se ci sono persone e si avvicina alla reception.
“Avrei bisogno di una stanza per un paio d’ore”
“E’ solo?”
“No.”
“Sono 150 euro in contanti” l’addetto lo guarda negli occhi.
“Per due ore????” risponde stupito Michele.
“Oppure può pagare 60 euro con la carta di credito con il rischio che sua moglie possa leggere l’estratto conto e chiederle lumi sulla stanza a Cala Titout presa il giorno 27 maggio. Le farei anche la fattura e manderei copia del suo documento in Questura, sa per i dati obbligatori che siamo tenuti a dare sulla ricettività. Che faccio? Carta, fattura e Questura?”
“No, ecco i 150 euro” prende la chiave, ringrazia velocemente il “simpatico” addetto e raggiunge il parcheggio.
“Ma ci hai messo un sacco di tempo! Ho visto passare diverse macchine e secondo me qualche faccia la conoscevo..” Lara è visibilmente preoccupata.

Michele sale in macchina e raggiunge la stanza che è nell’ultima villetta sulla sinistra. Escono come due ladri e si fiondano sulla porta.

“Come cazzo è che non apre…ma ha sbagliato chiave quel deficiente. E ora?”

“E ora prova a metterla in quell’altro verso…” Lara alza gli occhi al cielo.

Finalmente la porta si apre, entrano e si chiudono come Butch Cassidy and Sundance Kid inseguiti dall’esercito regolare messicano.

Il silenzio ora è ingombrante. Non sono mai andati oltre un’appassionata quanto discreta conoscenza superficiale e vedere il letto lì, al centro della stanza come un’ara sacrificale in attesa che si compia il rito…beh crea un pò di ansia. Lo guardano e si guardano. Per un attimo sui due comodini vedono apparire le foto dei rispettivi matrimoni.

“Ma non staremo a fare una cazzata?” dicono all’unisono girandosi l’uno verso l’altro.
Si siedono sul letto guardando una stampa appesa alla parete. Passano pochi secondi e Lara salta sul letto.
“Nooooo, ho lasciato il pacco dei compiti sulla sedia del bar, cazzo, cazzo, cazzo. Devo portarli in presidenza domattina. Madonna santa, devo recuperarli…una tragedia, una tragedia, dobbiamo tornare a Matera…speriamo di fare in tempo”
“Non mi hai dato il tempo di parlare Lara, li ho presi io e li ho messi in macchina. Stanno sul sedile posteriore.”
Lara si ributta sul letto, sopraffatta dal timore di aver perso i compiti di italiano dei suoi alunni. Guarda per qualche minuto il soffitto ornato da un ventilatore Vortice ingiallito.
“Michele sai a cosa penso?”
“Cosa?” e intanto cerca di mettersi di fianco a lei.
“Che mi piaceva di più quando non ci conoscevamo. Quando passavo un sacco di tempo a immaginarti. A fantasticare sulle cose che mi scrivevi. Come quando leggi un libro e ti devi costruire le voci, i volti e i posti in cui si svolge la storia. Poi esce il film, lo vai a vedere e ti delude sempre. Magari ti piace per altre cose ma non è quasi mai come il film che ti eri girato tu. Se ora facciamo sesso, che ha sempre un suo perchè, diventerebbe una relazione come tante altre. Verremmo sopraffatti dalla tempesta ormonale e perderemmo la sintonia che abbiamo costruito. Non credi?”
“Lara in linea di principio sono d’accordo ma, allo stato attuale…..”
Bussano alla porta della camera.
Si guardano terrorizzati.
“Chi è?” dice Michele alterando la voce.
“Sono l’addetto alla reception. Ha lasciato il cellulare sul bancone. Glielo metto qui sul davanzale. Mi scusi.”
“Grazie grazie” tira un sospiro il fedifrago ed apre piano la porta per recuperare il telefono.
“Ueeee Michele che cazzo ci fai qui?” un amico del calcetto si para inaspettatamente a pochi metri da lui. Si guardano e all’unisono “Oh tu non mi hai visto!”.
“Tranquillo, tranquillo Michele…ma chi ti sei portato qui? Un puttanone?”
“Ma no dai… è una professoressa, una persona per bene”
“Ma vattin va, chissà addò la s’pigghiat..”
Lara si affaccia per difendere il suo onore “Guardi che non sono un puttanone…”
“Professorèèèès…” l’amico sbianca. “ Mi scusi, non credevo…”
“Cosa?” chiede Michele che ormai è allo sbando
“E’ il genitore di una mia alunna…….andiamo via”
“Buonasera professoressa”
“Arrivederci e mi saluti tanto sua figlia, ha fatto un ottimo compito”

Pubblicato da markmccandy

da compilare

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