LA CODA

Cerco sempre di andare alla cassa dove c’è lei.

Da quando mia moglie mi ha lasciato per un miliardario francese bruttissimo è l’unica donna che guardo e con cui vorrei uscire. Cerco la grazia, la dolcezza e non i soldi come mia moglie.

Lavora in una catena di discount. Mi sono organizzato per comprare poche cose alla volta così da poterci andare ogni giorno e sfruttare quei pochi minuti alla cassa per fare due parole.

Ho scoperto che non ha un compagno. L’ho sentita parlare con una collega una volta che ero in coda e davanti a me c’era uno che aveva fatto la spesa della vita. “Che ci fai con diciotto barattoli di carciofini sott’olio?  Non esistono ricette con diciotto barattoli di carciofini.”

Ha sempre i capelli raccolti con un fermaglio a forma di farfalla e gli orecchini sono a forma di grande cerchio. Usa poco la matita e quegli occhi verdi mi hanno stregato.

Non le sono indifferente. L’ho capito da come passa le mie cose sugli infrarossi e dal sorriso che accenna ogni volta che sente il bip.

Quando mi fissa e mi chiede se ho ho la fidelity card mi sento sciogliere come una palla di gelato alla crema quando gli versi sopra il caffè bollente.

“La vuole vedere?” le dico

“Non lo so, che vogliamo fare? Mettiamo dei numeri a caso? Ci sono più di diecimila codici. Si vuole sedere sul cartone dello Svelto mentre inizio a fare dei tentativi??” mi dice inclinando la testa sorridendo.

“Scherzo, eccola qua.”

“Beato lei che ha voglia di scherzare”

“Giornata pesante?” 

“Abbastanza. Vuole una bustina?”

“Se le fa piacere.”

“Non è che mi fa piacere. Questo Galbanino se lo porta in mano o vuole la busta?”

“A me non serve. Ho il mio sacchetto. Ma se me la vuole dare..”

“Non è che gliela voglio dare per forza. Se le serve deve pagarla. In alternativa se lo tiene in mano il Galbanino”

“Pagherei qualsiasi cifra per averla”

“Lo prendo come un complimento ma sono solo 30 centesimi..”

“Me ne dia venti…però non mi dica no se la invito per un’aperitivo”

“Mi prende alla sprovvista..ci devo pensare”

Intanto dalla fila “Dai ha detto che ci deve pensare. Vogliamo andare avanti?? Torna domani e vi organizzate che dobbiamo andare a cucinare, forza”

Il giorno dopo presi un cacciatorino e feci la fila.

“Ci ha pensato?”

“Si. Va bene. Facciamo a settembre”

“A settembre? Siamo al 10 giugno. Pensavo prima”

“Mi sembrava prematuro. Ha solo 3450 punti sulla Fidelity. Aspettiamo magari quando arriva a 5000. Voglio essere sicura del suo attaccamento al nostro marchio.”

“Ma io vengo solo qui. Non vado da nessun altro discount. Non mi faccia aspettare”

“La mia collega mi ha detto che un giorno l’ha vista da Pam.”

“Beh è vero. Avevo bisogno di un litro di latte”

“Lo vede? Non è sincero. Per il latte è andato con un’altra catena”

“Ma è stato solo un attimo di sbandamento. Ho preso il primo che c’era nel frigo e sono andato via. Non ho fatto neanche un giro tra i reparti e non ho preso il carrello”

“Le voglio credere. Allora va bene per l’aperitivo ma dopo subito a casa.”

“Va bene. Sono d’accordo. Non corriamo”

“No, io intendevo che dopo saliamo subito a casa mia.”

Intanto dalla fila “Ohhh affare fatto. Ora possiamo far camminare la coda che ho la macchina in seconda fila??”

L’aperitivo fu bocciato e cenammo in un ristorantino sulla statale. C’era una piccola festa. Ci invitarono a ballare.

“Non ballo da tanto” mi disse

“Anche io.” Le presi la mano e andammo vicino alle altre coppie. Sandro Giacobbe iniziò a cantare Signora Mia e ci stringemmo senza aspettare la seconda strofa. Mi sussurrò nell’orecchio “Hai preso lo shampoo non in offerta, hai i capelli morbidi” “Come te ne sei accorta?” “Conosco a memoria tutti i tuoi acquisti” e mi passò la mano dietro la nuca.

Ballammo ancora e ancora e ancora. Ci fermarono quelli del ristorante che dovevano chiudere.

Andammo da lei.

Mi accorsi troppo tardi che viveva con l’anziano padre. Non avevo nulla contro il simpatico e arzillo signore ma lo tsunami che era cresciuto con i balli lenti si trasformò in una lenta risacca che accarezzava il bagnasciuga.

“Non ti preoccupare per mio padre. E’ tranquillo. Vieni mettiamoci sul divano. Vuoi un limoncello? Era quello in offerta venerdì scorso”

“Sicura?”

“Certo, stava a 3,99”

“No intendevo tuo padre se è tranquillo”

“Si, ogni tanto mi chiede le offerte della settimana ma lo fa per abitudine”

Il limoncello iniziò ad andare in circolo e i nostri corpi fremevano di passione. L’astinenza prolungata aveva sciolto le trecce e i cavalli e ci spingemmo verso l’infinito e oltre.

E fu proprio in quel momento che l’anziano padre gridò “A quanto sta il mezzo chilo della Granoro?”.

Lei, non potendo rispondere, gesticolò con la mano 0,50 e io in preda al momento che aspettavo da anni gridai “A cinquantaaaa centesimiiiiiiiii siiiiii siiiiii siiiii”.

Il papà rispose “E’ assai! A Pam la stanno dando a 0,39. Sinceramente non capisco questo entusiasmo.”.

LA TRATTORIA

Ci fu un tempo in cui andare a mangiare fuori casa era un evento quasi irripetibile. Lo si faceva solo per festeggiare qualcosa di speciale. Una promozione del papà, le prime “regole” della sorella adolescente o al limite un piccolo terno su tutte le ruote al gioco del Lotto.

E dove si andava? In trattoria.

Oggi il termine trattoria non fa parte più del lessico quotidiano e neanche delle abitudini delle persone che vanno a mangiare fuori.Ora c’è il giapponese, il cinese, il colombiano, il messicano e poi l’italiano nelle varie declinazioni. Ristorante, Osteria, Taverna e tanti altri.

La trattoria è un qualcosa che si è fermato nel tempo. Tra i favolosi 60 e i 70. Potresti riconoscerla ad occhi chiusi. Toccando le sedie o i bicchieri. Sfiorando i piatti con le mani e poi leggendo il menu.Il menu della trattoria ha poca scelta ma quello che prendi ti basta per una settimana.

Ci sono sempre le tagliatelle alla bolognese, la cotoletta e gli affettati misti. Una volta uno voleva per forza il tonno fatto in una certa maniera e gli portarono un piatto con una scatoletta di Nostromo svuotata dentro.La trattoria ha la tv nell’angolo. Non ha il megaschermo dei pub dove va la videomusica di tendenza h24. Nella trattoria puoi vedere il Pranzo è servito con Corrado anche se è scomparso tanti anni fa. Un mio amico rappresentante mi ha detto che il mese scorso ha sentito le previsioni del tempo fatte dal Colonnello Bernacca. Anche lui passato ai Campi Elisi da un pezzo.

La trattoria ha un patto con l’Eterno. Il patto prevede che tutto resti così. Come il menù battuto a macchina con le x rosse sulle parole sbagliate. O sul simbolo della lira. I fogli messi nel porta menù con le buste ingiallite dal tempo ma molto pulite.

Anche la proprietaria di una trattoria è sempre uguale. Ci sono due tipi di proprietarie di trattoria. Quelle con il marito e quelle vedove. Quelle vedove le riconosci osservando il bancone con la macchina del caffè. Sulla macchina del caffè di solito c’è la foto del defunto che sorride in uno scatto fatto alla prima comunione di uno dei figli. Nelle mensole accanto alla foto puoi osservare alcune coppe vinte dal defunto ai tornei amatoriali di bocce e il kit di Stock84, Vov, OroPilla e Amaro Washington immancabile in una trattoria che si rispetti.

Nella trattoria c’è anche un intruso che guasta la magia del tempo che si è fermato. L’estintore appeso alla parete è una macchia rossa che spicca sul grigio delle pareti e sulla copertura di finto legno-plastica marrone che le ricopre da terra fino un metro e mezzo. E’ lucido ma non perchè la signora lo tiene in regola e funzionante. Lo hanno spolverato ed usato una volta per fare il selz per festeggiare un figlio tornato dal servizio militare.

La trattoria non ha segreti. Puoi vedere a vista i lavori di adeguamento della rete elettrica con il quadro e il salva-vita accanto alle foto di Little Tony con dedica alla signora della trattoria e Betty Curtis e Wilma Goich che sorridono davanti al piatto di tagliatelle alla bolognese dopo aver cantato nel paese vicino.

La trattoria è un patrimonio dell’Unesco e va tutelata a futura memoria. I tataki e i sashimi passano, la tagliatella è per sempre.

RIPALTA INTER PARES

Bisogna prepararsi alla fine della primavera. Niente fiori che sbocciano, nessuno che cerca il tuo nettare e la prospettiva di un inverno molto lungo. 

Era così che si sentiva Ripalta. 

Un ex fiore che non era stato colto ed ora stava appassendo. Da ragazza giocava spesso ai quattro cantoni ed era quella che rimaneva sempre in piedi e senza sedia. A ruba bandiera non riusciva a toccarlo neanche una volta quel dannato fazzoletto. 

Qualche segnale lo aveva avuto ma in primavera non riesci a concentrarti. Troppa luce, troppi odori, troppi colori. 

Non aveva lo sprint che serviva negli ultimi metri. E così in un paese piccolo succede che una come Ripalta resti single. 

Non arriva gente da fuori e quindi non c’è ricircolo. Il vantaggio per una zitella è che sul lavoro ti considerano un uomo. 

E Ripalta lavorava in amministrazione in una officina meccanica, tipico luogo maschile. 

Gli operai la consideravano una di loro.

Ripalta scendeva in officina per verificare qualche prodotto di magazzino ed era costretta a passare tra decine di calendari di donne nude appesi alle varie macchine utensili. 

Nessuno si sognava di spostarli o coprirli e Ripalta ormai era abituata a vedere che ogni mese aveva un gran culo. 

Gli operai scherzavano con lei. 

Erano quasi tutti più giovani. Non le risparmiavano battute anche pesanti soprattutto in pausa pranzo attorno al tavolo della sala mensa. 

“Ripà, ma semb ì verdur t’mang? Pigghiat nù sfilatin ognetand!! “ e tutti gli operai a ridere con le bocche piene di minestrone riscaldato e doppi sensi.

“Peppì, me lo volevo prendere ma tua moglie se li era presi tutti lei. Meh damm nù stezz del tuo. Accussì in paese puoi dire che a Ripalta gli hai fatto assaggiare il tuo sfilatino. Ehh t’piacess??? “ e tutti a battere le mani a Ripalta per il passante lungo linea sulla prima palla di servizio di Peppino. 

Rispondeva senza problemi e sempre a tono ma senza cattiveria. 

Non le piaceva ferire gli avversari ma dare degli affondi di fioretto. Il linguaggio maschile non è complicato, è a senso unico. Per una donna che abbia un minimo di spirito e di ironia è facile battersi su quel terreno. 

Al suono della sirena passavano tutti a timbrare il cartellino e la salutavano. Dalla vetrata rispondeva con un cenno della testa ed un sorriso. Come avviene alla fine di una partita di calcio quando l’arbitro fischia la fine delle ostilità e tutti si stringono la mano. La giornata di lavoro è finita. Tutti a casa. 

VORREI UNA DONNA

Vorrei una donna che mi tiri fuori dai vestiti come si fa con i grissini dalla bustina in attesa che arrivi il menù

Vorrei una donna che mi abbracci come fa un tovagliolo con la bottiglia di vino nel cestello del ghiaccio.

Vorrei una donna che mi sappia leggere come si legge un menù con cura quando si ha fame.

Vorrei una donna che mi guardi come si guarda un tagliere di salumi e formaggi tipici cercando di capire da dove iniziare a prendere.

Vorrei una donna che mi cerchi con lo sguardo ansioso di chi aspetta il primo piatto che arriva dalla cucina coperto dalla cloche.

Vorrei una donna che mi annusi come si annusa un filetto al pepe verde tenendo in mano il coltello, quello tagliente, pregustando il primo morso.

Vorrei una donna che faccia la scarpetta su di me come si fa fino a quando il piatto non è completamente pulito.

Vorrei una donna che mi fissi bene negli occhi senza far scendere dolcemente le palpebre prima dell’arrivo dei caffè.

Vorrei una donna che mi prenda la mano, me la tenga stretta senza passare il tempo a leccarsi la punta dell’indice per agganciare le molliche sulla tovaglia per poi mangiarle succhiandosi il dito.

Vorrei una donna che mi sorrida come si sorride quando il conto del ristorante è meno di quanto ti aspetti.

DEL MAIALE NON SI BUTTA VIA NULLA

“Amore, abbiamo bisogno di soldi. Quest’anno terribile ci ha veramente messo in difficoltà. Dobbiamo cercare di inventarci qualcosa. Ti ho visto molto impegnato questa settimana. Ti sentivo parlare al telefono di marketing, di opportunità, di networking. Hai già pensato di mettere qualche idea in cantiere?”
“Beh si. Nicola mi ha inserito in un giro per vendere dei prodotti. Lui così riesce ad arrotondare.”
“Ah bene. Mi piace. Bravo, la classica vendita multi-level. In certi casi funziona molto bene. Potrebbe essere una soluzione. So che si usa molto ed ha successo nella vendita di prodotti salutisti, biologici, cosmetici, cura della persona, integratori alimentari. Per la salute ed il benessere la gente spende e sono cose che fanno bene. E quindi su cosa ha puntato Nicola? Su cosa ti ha coinvolto?”
“Sono prodotti alimentari..”
“Va bene, ma di che settore?”
“E’ un’azienda tirolese specializzata in prodotti di qualità”
“EDDALLE…vuoi dire che cazzo devi vendere?”
“Speck e lardo.”
“Speck??? Lardo?? ma come vi è venuto in mente?? Il mondo va verso la cura del corpo, l’alimentazione sana e biologica, l’insalata, la verdura, gli integratori e voi dovete arrotondare con lo speck e il lardo? Ah beh per arrotondare è un attimo con questa roba qua, ma la pancia vi arrotondate!!
Altro che salute. Il colesterolo lo date in omaggio con il primo acquisto??”
“Cara, guarda che si tratta di prodotti certificati di altissima qualità e poi…”
“..E poi mi hai fatto innervosire, vado a fare un’ora di tapis roulant per scaricarmi, ma che deficiente ho sposato!”
“Ehm.. cara vedi che non si può usare il tapis roulant..”
“Perchè?”
“Ci ho messo sopra venti speck, insomma cosce di maiale e venti pezzi di lardo. Non si devono poggiare a terra, sai per l’umidità.”
“E che cazzocenefacciamo di quaranta pezzi di maiale???”
“Intanto è suino allevato con alimenti certificati e poi è l’acquisto iniziale che si fa per entrare nel circuito.”
“E quanto ci è costato entrare nel circuito?”
“Il primo acquisto è di dodicimila euro. Il prezzo è stato un affare. Il valore reale è il doppio.”
“ALFREDO…Ma PORCA MISERIA non abbiamo i soldi, N-O-N A-B-B-I-A-M-O I-S-O-L-D-I!”
“L’ho preso a rate. Comode rate in 24 mesi che potremo recuperare velocemente vendendo i prodotti. Con i nostri contatti possiamo muoverci da subito”
“Ehi, ehi ,ehi non fare quella faccia! Io mia madre e mia zia non le chiamo per comprare lo speck!!”
“Però il lardo potrebbero prenderlo. O no? Vedi, devono solo mettere una firmetta qui.”

IL PAREO

Sempre le solite persone in spiaggia. Quest’anno poi non partono in molti per via del virus e non si tolgono dalle palle neanche per quelle due settimane dalle quali tornavano per raccontarmi roboanti avventure. Pescatori che ti buttano addosso le aragoste, notti stellate come in nessun posto al mondo se non lì dove sono stati.

Seduta sulla mia sdraietta osservo la fauna variopinta nutrirsi come se l’apocalisse dovesse arrivare domani mattina.

Mio marito legge. Ah no dorme. Lo capisco dalla penna inclinata da mezz’ora nella stessa posizione. Avrà fatto il buco ormai sul quattro orizzontale.

Non succede mai niente qui. Ogni tanto qualche amica mi racconta di liason impossibili tra persone che conosco.

“Ma dai, dici davvero? L’avvocato Desisti con la proprietaria della merceria di fronte al tribunale?”

“La moglie l’ha scoperto perchè portava a casa sempre rocchetti di filo oltre alle marche da bollo per i diritti degli atti. Per non parlare di Cucciolla…”

“Cucciolla? Ma quello fa il diacono alla Curia. E’ uomo di chiesa.”

“Sì proprio di  casa e chiesa. Ma non casa sua. Casa della sorella di quella della merceria di fronte al tribunale. La moglie non sa nulla.”

“Pure Cucciolla? Ma cosa fanno queste della merceria? Quello tiene famiglia..è pazzo”

“Sembrano due molto tranquille ma sentendo alcuni discorsi di mio marito con l’ingegner Graziani..pare che ne sanno una più del diavolo”

“L’ingegner Graziani è così fine, distinto, sensibile. Non me lo vedo proprio con quelle della merceria”

“Infatti qualcuno dice che abbia una storia con il fratello di quelle della merceria”

“Ma quanti cazzo sono questi della merceria!? Non mi dire più niente per favore. Non pensavo che davanti al tribunale ci fosse Sodoma e Gomorra. Un buco nero ‘sta merceria.”

“Dai hai ragione non ti dico più nulla. In fondo sono fatti loro. Rilassiamoci. Stanno arrivando i due ragazzi di colore con i pareo e le collane. Vediamo se c’è qualcosa che ci piace”

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“Signora ti interessa pareo?”

“Si si, ne hai uno verde? E’ da un po’ che ho il desiderio”

“Un attimo che sono tanti. Devo poggiarli. Ma non sulla sabbia..”

“Poggiali su mio marito che sta dormendo. Tanto non si sveglia con i pareo. Se vendevi focaccia era già con il portafoglio in mano. Con quello che vendi tu non corriamo questo rischio.”

“Ah ah ah la signora scherza..”

“No no dico veramente..”

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Otto euro e l’affare è fatto. Il pareo verde è una realtà. Carino. La mia amica è andata via e George, uno dei ragazzi di colore mi ha chiesto di sedersi qualche minuto sotto l’ombrellone per riposarsi. Gli ho dato una delle birre di mio marito e mi ha sorriso come Sidney Poitier in “Indovina chi viene a cena”.

Mi ha detto che è laureato in fisica ma è dovuto andar via dal suo paese e i soldi gli servono per completare un corso di specializzazione. Quando parla si capisce che è una bella persona, colta e preparata. Gli occhi gli brillano se parliamo di progetti di ricerca.

Poi ha cambiato espressione all’improvviso. “Cosa c’è, qualcosa non va?” gli ho chiesto.

“Mi sono ricordato che domani devo pagare chi mi fornisce le collane. Devo dare duecento euro. Ma non ho venduto ancora abbastanza. Loro sono due donne molto dure. Le ho conosciute quando andai a testimoniare al tribunale per un processo ad un mio amico. Hanno una…..”

“…..Merceria di fronte al tribunale!”

“Le conosci?”

“Io no, ma conosco bene Cucciolla. Ci parlo io.”

“Chi è Cucciolla?”

“Tu non ti preoccupare”

ORTUCCHIO

Mi ero innamorato di lei, Lella, vedendola ogni giorno al self service della zona industriale dove lavoravo. Avevo intuito che lavorava nel marketing di qualche azienda di lì perché quando la sentivo parlare non capivo nulla di quello che diceva.

Cercavo di mettermi in coda quando arrivava con la sua amica per starle il più vicino possibile e tentavo di starle avanti in modo da poter essere io a passarle il vassoio e la tovaglietta di carta. Quando ci riuscivo mi sorrideva e continuava a dire parole incomprensibili con la sua amica. Una volta si infilò tra me e lei un suo collega e sorridendo gli passai il vassoio pensando fosse lei. Mi sorrise anche lui stringendo gli occhi e la bocca. Allungò la mano per sfiorare la mia con l’indice ma presi prontamente un filoncino di pane con l’altra mano e glielo misi tra il vassoio e la mano che stava venendo verso la mia. Gli dissi “I carboidrati non bastano mai”.

Mi fece lo sguardo triste. Intanto continuavo a seguire lei con lo sguardo per vedere ogni volta quello che prendeva per poi allinearmi alla cassa in modo da provare la difficile manovra “mangiare accanto a lei”.

Una volta la seguii ma stava andando a mettere l’olio e il sale nell’insalata, l’amica le prese l’unico posto libero e mi toccò strambare come Luna Rossa verso un tavolo di vigorosi metalmeccanici che analizzavano i culi delle receptionist con tanto di scheda tecnica su spessori e tolleranze.

Un’altra volta riuscì a sedermi accanto a lei. Stavo per dire “Oggi lo spezzatino sembra buono” ma alcuni colleghi la chiamarono ad unirsi a loro lasciandomi solo a parlare con lo spezzatino.Poi accadde che un giorno venne da sola, niente collega gay, niente amica. Mi capitò davanti in coda e fu lei stavolta a passarmi il vassoio. Non mi sembrava vero. Andava tutto a meraviglia. I nostri vassoi strisciavano felici uno accanto all’altro lasciandosi spingere dalle nostre mani. Alla frutta, nel prendere la macedonia, tentammo di prendere lo stesso bicchiere. “Anche a te piace l’ananas?” mi disse. “Non saprei vivere senza” fu la mia risposta. I cinque secondi più lunghi della mia vita. Alla cassa andò prima di me e pagò due caffè. Stavo per toccare il cielo con un dito. Mi stava offrendo un caffè. Le dissi “Ma dai non ti preoccupare” e lei “Ieri non avevo pagato il caffè e avevo un sospeso, non ti sto pagando il caffè”. Dopo aver toccato il cielo con un dito dovetti incassare con eleganza un gancio alla George Foreman contro Joe Frazier. Mi appoggiai alle corde, ripresi fiato e “Ci sediamo lì?” e lei “Si dai, così mi fai uno storytelling di te, del tuo w-i-p, della tua to-do-list”. Il tempo sembrò fermarsi. La guardavo e mangiavo l’ananas a pezzetti piccoli piccoli e lentamente pensando di mangiare lei. Al caffè ci salutammo. Avevo stabilito un contatto. Ero felice. Lei uscì dal self service, corse incontro ad uno che l’abbracciò forte e si baciarono a lungo come se non ci fosse un domani. Intanto la mia mano stringeva un bacio perugina di cui rimase intera solo la nocciola. Il mio sogno si era squagliato lasciando solo un biglietto “Quando si chiude una porta si apre un portone”. Non feci in tempo a pulirmi la mano che una voce alle mie spalle disse “La linea della vita è coperta di cioccolata, avrai un futuro dolce.” Era il collega a cui avevo dato il filoncino. Ora abbiamo una rosticceria e viviamo ad Ortucchio, il paese dei suoi, a pochi chilometri dal Parco Nazionale d’Abruzzo.

IL FOLLOWER

“Papà Biancaneve aveva 7 follower?”
“No amore erano dei nanetti”
“E Alí Babà aveva 40 follower?”
“No amore erano dei ladroni”
“E il pifferaio magico, quando suonava, lo seguivano i follower?
“No amore erano tanti topolini”
“Ma Sandokan però li aveva i follower!”
“No amore, quelli erano i tigrotti della Malesia”
“Ma papà nelle storie che leggo non ci sono mai i follower!”
“No amore”
“Io vorrei avere i follower”
“I tuoi follower siamo io e la mamma”
“Lo sai che anche la mamma ha un follower?”
“Si? E chi è?”
“Lo zio Gino.”
“Lo zio Gino?”
“Si una volta che tu eri partito era venuto a casa. La mamma mi disse che stava lì perché era un suo follower e mi mandò a dormire.”

VITA DA BOOMER

“Ehi Valeria io non ce la faccio più. Ho voglia adesso.”

“Ma sei pazzo! ci sono i ragazzi con gli amici di là nel salone”

“ME NE SBATTO! Qui non si può fare mai niente”

“Non gridare, che io lo so cosa vuoi fare. Chiudiamo almeno la porta.”

“NO, NO, NO. Si deve sentire, non ci dobbiamo vergognare ecchecazzo.”

“Ma non ti va di  fare sesso? Eh? Dai ti piaceva un sacco.”

“NONEEEE! Voglio sentire “Tanta voglia di lei” dei Pooh a volume alto.”

“Allora dillo che tutto il palazzo deve sapere che sei un boomer.”

“Valeria non voglio più nascondermi. Basta con questa storia che dobbiamo sentire la musica Indie di questi gruppi o di questi cantanti qua Gazzelle, Pinguini, Cannella, Legno, Ariete..mi sembra di giocare a nomi, città cose, animali. Io sono BOOMER e me ne vanto!”

“Ma non puoi metterti le cuffiette?”

“NONEEEE voglio sentire le casse vibrare, mi voglio emozionare quando lui dice “e non dici una parola……mi dispiace devo andare il mio posto è là”.”

“Lo sai che i ragazzi non vogliono. Ci hanno preparato la playlist per stasera. Ti hanno messo qualcosa che ti piace dai.”

“Cosa hanno messo?”

“Vincent di Don McLean”

“Che ruffiani, vabbè dai, transeat. Ci facciamo una carbonara?”

“No no i ragazzi ci hanno ordinato dal ristorante pakistano la cena.”

“Ma una cosa italiana no?”

“Quanto sei provinciale, è un menù fusion, sapori diversi.”

“E un menù con sapori soliti? Fa provincia?”

“Molto provincia.”

“Quindi Tom Jones con l’amatriciana?”

“Negativo.”

“Eugenio in Via di Gioia con il murgh-tikka?”

“Bravo, così ti voglio.”

IL VIALE

Non dimenticherò mai quella sera. Camminavamo mano nella mano senza parlare. Un viale pieno di alberi con i lampioni accesi tranne uno. Fu lì che pestai una cacca e per non rompere il silenzio magico e complice non dissi nulla. Vedevo le sue narici allargarsi e il suo volto assumere un’espressione infastidita.  Avevo la suola Vibram e la merda si era infilata nelle scanalature. Dopo qualche minuto lei ruppe il silenzio “Perchè non saliamo da me? Non senti che qui devono aver concimato il terreno?”
“No dai camminiamo un altro po’” in cuor mio speravo di trovare qualche grata o qualche superficie su cui poter strofinare la scarpa. Il viale era lunghissimo. Non si vedevano soluzioni all’orizzonte.
Dopo mezzora di camminata lei ripropose di salire a casa sua.
“Va bene” dissi “ma io sono abituato a lasciare le scarpe fuori dalla porta. A casa faccio sempre così”
“Non ti preoccupare, puoi tenerle..potrebbe piacermi sfilartele io” il suo sguardo si fece malandrino e complice.
Non sapevo cosa dire. Balbettai “Bello, intrigante..ma facciamo che tu sali e lasci la porta socchiusa e io salgo dopo?”
“No saliamo insieme in ascensore..voglio importunarti appena si chiudono le porte.”
“E se salissimo appiedi?” non riuscivo a disinnescare la bomba.
“Ma sei scemo, abito al 12° piano….dai in ascensore mi intriga”
Non vedevo via d’uscita. Decisi allora un gesto estremo.
“Lo sai che quando giocavo a calcio ero fortissimo?” presi la rincorsa e calciai con tutta la forza che avevo una lattina vuota e mi volò via la scarpa nel fiume che scorreva accanto al viale. Mi resi conto subito che era la scarpa sbagliata. Allora con un gesto di stizza mi tolsi la scarpa sporca e la lanciai nel fiume.
“Ma che hai fatto? Hai buttato le scarpe nel fiume?” ed iniziò a ridere.
Iniziai a ridere anche io dal sollievo. “Ora faccio come nel film A piedi nudi nel parco” ed iniziai a saltare dalla felicità sul marciapiede. E pestai un’altra merda.

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