Irina é una ragazza molto bella e giovane. Ha una grande voce. Viene da una zona della Russia europea dove vive con la sua famiglia, la famiglia Prashnik, in un piccolo paese a molti chilometri da Mosca.
Oggi la troviamo sul Roof Garden di un Grand Hotel a Tokio.
Si deve esibire con i suoi due fratelli Sasha e Avigdor in canti e balli della loro terra. Sono il famoso trio Prashnik. Sono riusciti a crearsi un bel giro in Hotel e locali dei Paesi dell’estremo oriente.
La vita professionale e sentimentale di Irina scorre monotona anche perché Sasha e Avigdor, i fratelli, sono un po’ i cani da guardia di Irina e non fanno avvicinare nessuno. La storia è sempre la stessa. Discussioni ogni giorno.
“Io non riesco a conoscere nessuno con voi due sempre tra le “yaytsa” (in russo sarebbe uova, per non dire altre parole). Diventerò una vecchia matrioska e non mi vorrà più nessuno”
“Irina lo sai che paposkj ci ha detto di tenere alla larga qualsiasi uomo con intenzioni non chiare. Ci chiede in continuazione se si avvicina qualcuno.”
“Ho capito, ma se non li fate avvicinare come faccio a capire le loro intenzioni? E poi potrei semplicemente andare a cena o al cinema. E Invece siamo sempre in giro a cantare e ballare. Che “yaytsa”!!! “
Arrivano le dieci di sera e il trio Prashnik va in scena. Le dolci nenie russe e la voce di Irina incantano gli ospiti del roof garden che, circondato da vetrate, si affaccia sui grattacieli illuminati di Tokio. Tra i tavoli scivolano silenziosi camerieri con piatti di sushi multicolore.
Irina Prashnik quando canta guardando i clienti è imbattibile. Riesce a bloccarli mentre portano le bacchette alla bocca. Sembrano paralizzati. Stasera però c’è un cliente che rimane particolarmente colpito. Non ha ancora toccato i rotolini di riso che ha nel piatto. E’ in compagnia di un amico, almeno così sembra.
Irina lascia uscire dalla bocca le ultime strofe dell’ultima canzone in programma. Anche gli strumenti musicali di Sasha e Avigdor smettono di suonare. Gli applausi arrivano decisi e gli artisti lasciano la scena. Il direttore del roof si avvicina a Irina e “Madame, un nostro cliente importante la vorrebbe al suo tavolo per conoscerla”
Irina, che è sempre pronta per conoscere nuova gente, replica “Certamente, il tempo di cambiarmi gli abiti di scena”
Nasce la solita breve discussione con i fratelli che si convincono e si accomodano in un tavolo vicino al bancone del bar. Da lì riescono a vedere una parte del tavolo dove Irina andrà a cenare.
Eccola. Bellissima. I capelli legati con un fermaglio. Il trucco ancora sugli occhi. Un abito semplice. Il direttore l’accompagna al tavolo e procede con le presentazioni.
“Irina Prashnik le presento Kikatzu Mahmatza , campione indiscusso di Sumo e gloria nazionale” il direttore svolge il suo ruolo istituzionale.
“Troppo buono il direttore” Kikatzu sorride e si alza per stringere la mano di Irina che solo ora capisce le dimensioni del suo interlocutore. Irina però non rimane impressionata dalla stazza del lottatore di Sumo ma dalla luce brillante dei suoi occhi. Sono come due piccoli diamanti incastonati in un volto rotondo sovrastato da un bellissimo codino nero perfettamente legato.
Ora sono seduti, l’amico di Kikatzu si è allontanato con il direttore. Irina è su di giri, contenta per poter parlare con un uomo, anche se particolare, che ha chiesto esplicitamente di lei. La bionda russa è un fiume in piena ma anche il lottatore si difende. Sono entrambi avidi dei racconti dell’altro. Parlano di tutto e Irina scopre un aspetto sensibile e profondo di Kikatzu, grande lettore di libri e fine pensatore a dispetto della disciplina sportiva praticata. Un disciplina simile ad una religione che viene spiegata alla giovane russa che ne rimane rapita.
“Irina vuole venire domani a vedere il mio incontro di Sumo con Nomisatzu? Il mio sfidante più temibile del torneo. Chi vince domani verrà ricordato per sempre. Ormai il sumo è finito, non ci sono più lottatori e i giovani preferiscono altro. E pensare che una volta erano centinaia, una specie di casta osannata e adorata. Io sono uno dei pochi rimasti e sto cercando di abituarmi ad una vita senza sumo. Qualche anno fa non sarei mai venuto in un locale come questo. Non ci era concesso. Eravamo come dei monaci.”
Irina è presa. Presa completamente dai racconti di Kikatzu sul sumo, le regole, lo stile di vita e lo sguardo vivo. Vorrebbe andare domani a vedere l’incontro ma non ha il coraggio di dirgli che il trio Prashnik proprio domani deve partire per un’altra città. Vorrebbe restare ancora con Kikatzu a guardare le luci della città. I fratelli sono lì, in fondo vicino all’ascensore che fanno segni che è tardi.
Allora si avvicina a Kikatzu e si spinge verso di lui “Sei una persona bellissima, mi piaci tanto, ti posso dare un bacio? Vieni tu verso di me, dietro la colonna i miei fratelli non ci vedranno.”
Kikatzu si alza subito, Irina gli prende il viso tra le mani e lo bacia appassionatamente.
Il tunicone bianco di lino del lottatore si impiglia sotto una delle gambe della sedia rinforzata strappandosi completamente. Il campione di sumo rimane così solo con il tipico perizoma colorato. Irina non era mai stata così vicina a un uomo e per giunta in quella situazione. Kikatzu arrossisce. Anche per lui è tutto completamente nuovo. Irina deve andare via ma vuole un suo ricordo.
“Mi regali il tuo perizoma colorato? Lo voglio conservare per pensare a questo nostro incontro.”
Il campione di Sumo si toglie il perizoma, si copre con una parte del tunicone bianco strappato, lo piega e lo porge a Irina che lo prende, dice ciao e corre dai fratelli. Spariscono così nell’ascensore.
Kikatzu, coperto alla meglio e privo ormai del suo perizoma, si siede purtroppo sulla sedia non rinforzata e crolla per terra mezzo nudo. Ride con la sua pancia all’aria. E’ felice di aver baciato Irina. Una serata che ricorderà per tutta la vita.
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